lunedì 26 marzo 2007

GIOVENTU' BRUCIATA. MILANO E NAPOLI VISTE DA DUE PRETI IN TRINCEA

Napoli e Milano: città sotto assedio della criminalità. Qui, più che altrove, l’emergenza sembra all’ordine del giorno. Napoli e Milano: due realtà molto diverse, per certi aspetti. Meno per quanto riguarda il senso di insicurezza dei cittadini.Parlano due protagonisti della lotta al crimine in generale e attenti al disagio giovanile in particolare: don Gino Rigoldi, fondatore di Comunità Nuova e cappellano al carcere minorile Beccaria di Milano e don Luigi Merola, vivace reggente della chiesa di San Giorgio ai Mannesi, nel cuore di Forcella, centro storico Napoletano.
Non portano divise solo una tonaca e la loro attività è più di prevenzione che di repressione. Ogni giorno incontrano la violenza, lavorando in trincea. In questa “intervista doppia”, spiegano come sia possibile, anche oggi - nonostante oggi - pensare un futuro diverso per le due città e i loro abitanti.
La situazione criminalità è migliorata o peggiorata negli ultimi anni?
don Rigoldi: “Non è peggiorata… è cambiata. Gli atteggiamenti di disagio sono diversi e diverse la manifestazioni: bullismo, dipendenza da alcol (prima ancora che dalle droghe)… Sono il cattivo modo che oggi i giovani hanno per manifestare la propria aggressività”.
don Merola: “A Napoli e dintorni è peggiorata. E non a causa dell’assenza dello Stato, in termini di uomini e mezzi. Il problema è che da noi chi delinque resta impunito. E siccome la criminalià dà lavoro e sfama intere famiglie, i giovani si sono costruiti i loro modelli: la via più comoda per l’affermazione, personale e sociale, è quella della violenza”.
I giovani con cui si confronta sentono il problema?
don Rigoldi: “Sì, molto. I ragazzi sono molto più sensibili rispetto a quanto si creda e si dica. Anzi, spesso è proprio questa sensibilità a farli cadere. Se mal veicolata, la loro insicurezza, la loro fragilità diventano il terreno su cui costruire una vita fatta di aggressioni e violenze. Se c’è una cosa a cui confessano di essere sottomessi è il potere del soldo”.
don Merola: “I ragazzi che incontro visitando, come membro della commissione ministeriale Scuola e Sanità, gli istituti della mia regione, non hanno nessuna intenzione di diventare capi-mafia. È appena escono da scuola che le cose cambiano. Siccome in molti qui non proseguono gli studi, si trovano senza punti di riferimento e, per paura di essere tagliati fuori, di vivere nell’ombra di una società che non li ascolta e non li valorizza, scelgono di salire alla ribalta attraverso la scelta della delinquenza. D’altronde, se per diventare famosi basta una comparsata al Grande Fratello…
Più agenti in strada sono la soluzione?
don Rigoldi: “Secondo me quelli che ci sono bastano. E fanno un ottimo lavoro: vanno ringraziati ogni giorno. Ma il dovere di educare spetta ad altri: famiglia, scuola, oratori, partiti, associazioni. Serve educazione (che sta alla base della prevenzione) per togliere i ragazzi dalla strada e dalle braccia della criminalità. Il mercato della droga, per esempio, vale miliardi. E a uomini e mezzi tali da mettere in ginocchio lo Stato. Non riusciremo mai a batterlo se non levando dal mirino le sue vittime predestinate: i giovanissimi”.
don Merola: “Non servono più uomini. Serve certezza della legge e della pena. Basta con le misure alternative, con i pateggiamenti, con l’indulto. Da quest’estate sui 28mila usciti dalle carceri italiane, 7mila sono tornati nelle strade della Campania: ce ne fosse uno che si è integrato, che ha trovato lavoro, che si è “normalizzato”. Purtroppo è ovvio che, senza prospettive, uno torni a delinquere”.
Come intende la sua lotta alla criminalità? Cosa chiede che venga fatto, e presto?
don Rigoldi: “Chiedo che siano messe in rete le varie agenzie educative. Le associazioni sportive che hanno sui giovani molta più presa delle scuola, non vanno tenute lontane dalle progettazione. La loro attività è fondamentale: se uno impara a essere leale sul campo di calcio, per esempio, difficilmente cadrà vittima della criminalità”.
don Merola: “Sto a Forcella dall’ottobre del 2000. Nonostante le minacce dei camorristi (per le quali don Merola vive sotto scorta, ndr), qui siamo riusciti a metter in piedi cose che prima manco si sognavano: una scuola, un teatro, un’associazione culturale di promozione turistica La primavera di Forcella. Ma non basta. Non è di telecamere che abbiamo bisogno: vorrei piuttosto che piazza del Plebiscito, uno dei simboli napoletani, non sia vuota e buia come un cimitero, già alle otto della sera. Cioè: vanno disegnate insieme politiche alternative alla criminalità, altrimenti perdiamo la guerra. E i giovani”.
DUE REALTA' A CONFRONTO CHE IN QUESTO PERIODO, SI TROVANO DINNANZI A DUE MENTALITA' DIFFERENTI, LE QUALI SI POSSONO NOTARE ANCHE DALLE RISPOSTE DEI DUE PRETI MESSI A CONFRONTO.
MILANO E NAPOLI SONO DUE REALTA' MOLTO DIFFERENTI E IO NE SENTO LA DIFFERENZA SICCOME LE VIVO TUTTE E DUE!
LA DIFFERENZA E' L'IGNORANZA E IL MODO CULTURALE CHE HANNO LE DUE CITTA': UNA NAPOLI COI RAGAZZINI CHE GIA' A 13 ANNI HANNO LA FEDINA PENALE SPORCA E UNA MILANO IMPOSSESSATA DALL'AVVINGHIAMENTO MODAIOLO E PROPRIO COME DICE DON RIGOLDI CON LA MANIA DEL "SOLDO".
RIMEDI CE NE POTREBBERO ESSERE MOLTI, ANZI MOLTISSIMI. MA PER OTTENERE CIO', CI VUOLE LA TESTA, UN CAMBIO NETTO DI QUESTA MENTALITA' CHE VA AFFERMANDOSI SEMPRE DI PIU'.
E AMICI MIEI SIAMO NEL 2007 E QUI INVECE DI ANDARE AVANTI E FAR PROGRESSI, SI TORNA INDIETRO CON UNA CONSEGUENTE REGRESSIONE CHE A UN CERTO PUNTO NON SI PUO' ACCETTARE.
MA POI CI CHIEDIAMO: C'è UN RIMEDIO? MAGARI CI POSSA ESSERE UN RIMEDIO, QUI C'è UN CANCRO CHE è DIFFICILE SCONFIGGERE MA SE UNA BUONA PARTE DI QUESTA GIOVENTU' INCOMINCIASSE A DARE L'ESEMPIO, ECCO CHE ALLORA SI PUO' DIRE CHE C'è UN PASSO VERSO UN PROGRESSO, QUEL PROGRESSO CHE è ANCORA TANTO LONTANO E SOLO COLT EMPO SI POTRA' RAGGIUNGERE.

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